domenica 26 febbraio 2012

Intervista numero 2 su "ATTACK!!"

‑ Yngwie, la traccia numero 3 di Attack!, Valley Of Kings, mi fa venire in mente un altro tuo brano dedicato all’Egitto: Pyramids Of Cheops. Da dove nasce questa inclinazione per l’Egitto? Ci sei mai stato?
“No, non sono mai stato in Egitto, e non credo che ci andrò: non perché non mi piaccia il paese, tutt’altro. Il fatto è che sono sicuro che l’Egitto di oggi sia completamente diverso da quello che ho imparato a conoscere ed amare attraverso i libri e la storia. Sarebbe una grande delusione trovarsi di fronte al crollo di un mito”.
‑ Ci sono dei gran bei pezzi strumentali in Attack!, pezzi che bilanciano perfettamente quelli cantati. In gioco ci sono due grandi voci: quella umana di Dougie White e quella della tua chitarra. Parlami delle loro differenze.
“La voce umana può comunicare in due modi: con la melodia e con le parole. La voce della chitarra, invece, può comunicare soltanto con la melodia e l’interpretazione che l’accompagna. C’è da dire, però, che la chitarra parla una lingua internazionale, che tutti possono comprendere: è la lingua del cuore, dei sentimenti. I brani strumentali, in questo senso, parlano direttamente all’anima di chi li ascolta, mentre quelli cantati non fanno altro che raccontare le cose così come stanno, semplicemente… La voce della chitarra è una voce libera; perlomeno, più libera rispetto a quella dell’uomo”.
‑ In Freedom (il brano numero 10 di Attack!), oltre a suonare la chitarra, canti. La tua voce in questo brano è molto rozza, bluesy; esattamente l’opposto del suono chiaro e ben definito della tua chitarra. Curioso.
“La differenza tra la mia voce e il suono della mia chitarra sta nel fatto che, quando suono, è come se avessi tra le mani un violino, mentre quando canto esprimo il vichingo che c’è in me. Chiaramente, questi due approcci danno luogo ad altrettanti stili e caratteristiche sonore. E a dispetto del titolo, Freedom (in italiano: libertà), in realtà questo è il brano meno libero di tutto l’album: esprimersi con la voce limita parecchio, come ho già detto”.
‑ La tua passione estrema per la musica classica non è un mistero: quali sono i tuoi compositori preferiti?
“Senza dubbio, Antonio Vivaldi e Johann Sebastian Bach; evito volentieri Stravinsky e le musiche poco strutturate… adoro il barocco, incondizionatamente”.
‑ Negli anni Settanta ascoltavi i Deep Purple, band nella quale militava Ritchie Blackmore. Hai sentito la sua ultima evoluzione, il progetto Blackmore’s Night?
“Dell’ultimo Blackmore ho sentito qualcosa, molto poco per la verità, ma sono convinto che sia ok: la musica rinascimentale è il suo mondo, il suo modo di sentirsi realizzato. Lo apprezzo e faccio il tifo per lui”.

‑ Cambiamo argomento, parliamo d’altro: di cuore. Cosa ne pensi dell’amore eterno? Credi che possa esistere?
“No, non lo credo. Perlomeno, non nel rapporto che c’è tra uomo e donna. Per esempio, l’amore che nutro per la musica e per la mia chitarra può essere eterno; quello che nutro per il mio gatto, per il mio cane può essere anch’esso senza fine. Ma tra l’uomo e la donna, due esseri con cervelli pensanti e modi di ragionare diversi, non può esserci amore eterno. Può esserci l’illusione dell’amore eterno, ma prima o poi ci si accorge della vera natura dei sentimenti. E non parlo per sentito dire: l’ho provato di persona”.
‑ Qual è la cosa o la persona più importante della tua vita?
“Non ci sono cose o persone più importanti nella mia vita: è tutto importante, tutto contribuisce a far diventare importante la vita. Per me suonare sta sullo stesso piano del dormire, del mangiare, del viaggiare, del divertirmi… allo stesso modo, mia moglie April sta sullo stesso piano di mio figlio Antonio… è tutto importante, e dovrebbe essere sempre così”.
‑ L’11 settembre, proprio pochi giorni fa, si è celebrato in tutto il mondo il primo anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle. So che quel giorno, l’anno scorso, ti trovavi negli Stati Uniti…
“Già, proprio così. Quel giorno, nel pomeriggio, sarei dovuto partire per una tournée in Messico; ovviamente, non partii… Ricordo che mi svegliai, accesi la televisione e vidi quello che era successo: una cosa orribile… ero impietrito. Ancora oggi sono scioccato; scioccato e arrabbiato. Non sono ottimista per il futuro, assolutamente. Ci sono persone fanatiche che agiscono – a loro detta – in nome di Dio; no, non sono d’accordo con questo: Dio è qui, ma è spirito; non può essere chiamato con nomi, non può essere materializzato, non gli si possono dare sembianze né attribuire volontà… non si può fare qualcosa per lui e far diventare quest’atto uno spettacolo televisivo, un terribile spettacolo di morte.
E’ stato orribile. Sono momenti che non potrò mai dimenticare”.

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