Tutto ciò che vuoi sapere su Yngwie Malmsteen
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mercoledì 9 gennaio 2013
Recensione di Spellbound (link a ages of rock)
Per ora posto solo il link ad una recensione di "Ages of Rock": Spellbound Recensione
sabato 6 ottobre 2012
Recensione Trilogy 1986
Artista:
Yngwie Malmsteen
Titolo: Trilogy
Genere: metal neoclassico
Anno di uscita: 1986
Genere: metal neoclassico
Anno di uscita: 1986
Etichetta:
Polydor
Voto: 95/100
Terzo album in tre anni e terzo capolavoro. Malmsteen sembra
essere inarrestabile agli inizi della sua carriera da solista. Nel 1986,
infatti, ci regala un disco che, a dir suo, è uno tra i migliori che abbia mai
composto e suonato. In quest’album c’è un primo grosso cambiamento rispetto ai
due dischi precedenti: il cantante. Finisce l’era Soto e si apre la parentesi
Mark Boals, che già dopo questo album verrà sostituito (anche se in seguito
avrà altre esperienze con Malmsteen). Non certo per demerito però. Il cantante,
infatti, da grande prova delle sue capacità vocali. Altro membro mancante è il
bassista Yacob, infatti è Malmsteen stesso a suonare il basso. L’album è
dedicato all'ex primo ministro svedese Olof Palme, assassinato quell’ anno.
L’album apre con uno dei brani più caratteristici di Yngwie:
“You don’t remember, i’ll never forget”. Tastiera e chitarra si fondono nel
riff iniziale, poi ecco Mark Boals inizia a farsi sentire. Il brano prosegue
carico fino al bridge prima dell’assolo. Qui si ha una stupenda armonizzazione
di chitarra, tastiera e voce, che quasi con delicatezza introducono uno
straripante assolo del Maestro.
Si passa così a “Liar”, un pezzo travolgente che toglie il
fiato. In questo brano, come del resto in tutto l’album, si può apprezzare come
ci sia tanta chitarra e, allo stesso tempo, tanto spazio alla voce di Boals.
Difficilmente in altri album di Malmsteen si ha una così ben riuscita
compenetrazione tra voce e chitarra, senza che l’una domini sull’altra e
viceversa. Questa, infatti, è la caratteristica principale di questo disco.
Un riff potente ed esaltante apre la terza canzone: “Queen
in love”. Una canzone un po’ diversa dal solito, più vicina al metal
tradizionale che allo stile tipico di Yngwie, che però si fa sentire
soprattutto nell’assolo.
Alla quarta traccia si trova il primo brano strumentale del
disco: “Crying”. Pezzo emozionante, che apre con arpeggi ed assoli di chitarra
acustica per passare poi a toccanti assoli elettrici made by Fender
Stratocaster. Incredibile, come al solito, la perfezione del suono, dei bending
e dell’armonia ed atmosfera che Malmsteen riesce a creare in questi 5 minuti.
Il ritmo riparte forte con Fury, anche se forse, visto il
titolo, la canzone tira meno di quanto ci si aspetterebbe. In questo pezzo
risalta subito una particolarità: l’uso ripetuto del tapping da parte di
Malmsteen. Tecnica che il Maestro usa a suo modo, da non confrontare assolutamente
con tapping alla Van Halen & co. Si tratta di tutto un altro stile ed un
altro modo di intendere l’uso del tapping.
La carica sale parecchio con “Fire”, dove chitarra e voce
sono a dir poco irrompenti. Malmsteen si diletta in un lungo assolo in cui
Malmsteen esalta le sue influenze barocche ereditate da J. S. Bach. Influenze
che non lo abbandoneranno mai e che caratterizzano il suo stile.
I due pezzi successivi “Magic Mirror” e “Dark ages” sono avvolti in un’aura più oscura, gotica. In
particolare “Dark ages”. Mentre nel primo è maggiormente in risalto la voce di
Boals, che da prova di un’estensione fenomenale, nl secondo pezzo la ritmica,
lenta, cadenzata e cupa, lascia impressionati.
Dopo 8 pezzi che entrano di diritto nella storia della
musica metal, Malmsteen non ha ancora detto l’ultima parola, anzi. “Trilogy
suite op. 5” spazza via tutto il resto. Un’opera imponente, maestosa, divisa in
tre movimenti, in cui il Maestro da tutto se stesso, sia tecnicamente, con
assoli, riff e arpeggi alla velocità della luce, sia dal punto di vista
armonico e compositivo creando dal nulla un brano di 7 minuti, di livello
sovraumano. Si conclude così questo album, che rappresenta uno degli apici
della carriera di Yngwie Malmsteen.
Line up:
Yngwie
Malmsteen - Chitarra, Basso
Mark Boals
- Voce
Jens
Johansson - Tastiera
Anders
Johansson - Batteria
Track
List:
lunedì 27 febbraio 2012
Recensione Marching Out 1985
Album: Marching out
Autore: Yngwie J. Malmsteen
Anno:1985
Genere: metal neoclassico
Etichetta: Polydor
Voto: 92/100
Secondo album di Malmsteen coi suoi
Rising Force. Quasi da subito ci si rende conto delle differenze dal
primo: un sound più tagliente e un carattere più aggressivo
contraddistinguono l'album Marching out.
Si apre con “Prelude”, preludio di
un altra pietra miliare nel metal anni 80, che parte subito forte con
“I'll see the light tonight”. Uno dei riff più conosciuti di
Malmsteen e proposto spesso nei live.
Subito in secondo piano si ode il
grande Soto. Dopo un album in cui si era fatto sentire poco, ora può
dare (e da) il meglio di se. L'album infatti, contrariamente al
primo, è prevalentemente cantato, solo due i pezzi strumentali (tre
considerando anche Prelude).
Terzo pezzo: “Don't let it end”.
Uno dei pezzi in cui la sopraccitata voce di Soto irrompe con maggior
aggressività. Il pezzo parte con un bellissimo arpeggio di
Malmsteen, pulito e calmo. Poi la batteria da la carica ed ecco che
la distorsione della Strato si fa sentire di nuovo. Si hanno 4 minuti
di energia pura.
Segue “Disciples of hell” con un
intro di chitarra classica molto bello. Il pezzo prosegue con un
altro riff piuttosto cattivo, sempre sulla carica emotiva dei
precedenti.
Quinto pezzo, un classico dello
svedese: “I am a viking”. Parte con un altro gran riff, più
tecnico dei precedenti. Il pezzo è molto cadenzato. L'assolo tira
molto. Particolare l'armonizzazione con cui si conclude il brano che
rende perfettamente l'idea dell'ondeggiare del mare.
Segue un pezzo strumentale "Overture
1383". Questo brano contrariamente a quanto ci si possa
aspettare non è una velocissima sequenza di note, ma è un pezzo
relativamente tranquillo, in cui Malmsteen da molto rilievo al suo
vibrato (caratteristica peculiare del Maestro e della sua chitarra
con manico scalopped) piuttosto che alla sua velocità. Idem per
l'ultimo pezzo, che da il nome all'album, anche questo strumentale.
Entrambi molto belli e ricchi di emozione, non vuoti tecnicismi.
Si riparte a tutta forza con
l'esplosiva “Anguish and fear”. In questo brano, oltre a
Malmsteen, risalta dando un'ottima prova di sé il batterista
Johansson. La carica continua con “On the run again”.
Quest'ultimo è un pezzo che personalmente adoro. La performance dal
vivo nel tour del 1985 è davvero esaltante, grazie ad una voce
implacabile ed un riff da paura.
Continuando si ascoltano altri due
pezzi molto belli, molto metallici, in cui la chitarra la fa da
padrona:"Soldier without Faith" e "Caught in the
Middle".
Così quest'album, nato dalla vena di
un 22enne con una passione travolgente per il metal e la musica
classica, giunge alla fine, regalando un altro capolavoro alla storia
della musica heavy metal.
TRACKLIST
1. "Prelude"
2. "I'll See the Light, Tonight"
3. "Don't Let It End"
4. "Disciples of Hell"
5. "I Am a Viking"
6. "Overture 1383"
7. "Anguish and Fear"
8. "On the Run Again"
9. "Soldier without Faith"
10. "Caught in the Middle"
11. "Marching Out"
CREDITS
Yngwie J. Malmsteen: Chitarre, Background Vocals, Moog Guitar Pedals
Jens Johansson: Tastiere
Anders Johansson: Batteria
Marcel Jacob: Basso
Jeff Scott Soto: Voce
1. "Prelude"
2. "I'll See the Light, Tonight"
3. "Don't Let It End"
4. "Disciples of Hell"
5. "I Am a Viking"
6. "Overture 1383"
7. "Anguish and Fear"
8. "On the Run Again"
9. "Soldier without Faith"
10. "Caught in the Middle"
11. "Marching Out"
CREDITS
Yngwie J. Malmsteen: Chitarre, Background Vocals, Moog Guitar Pedals
Jens Johansson: Tastiere
Anders Johansson: Batteria
Marcel Jacob: Basso
Jeff Scott Soto: Voce
Etichette:
album,
malmsteen,
marching out,
Recensione
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