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sabato 6 ottobre 2012

Recensione Trilogy 1986



Artista: Yngwie Malmsteen
Titolo: Trilogy
Genere: metal neoclassico
Anno di uscita: 1986 
Etichetta: Polydor
Voto: 95/100

Terzo album in tre anni e terzo capolavoro. Malmsteen sembra essere inarrestabile agli inizi della sua carriera da solista. Nel 1986, infatti, ci regala un disco che, a dir suo, è uno tra i migliori che abbia mai composto e suonato. In quest’album c’è un primo grosso cambiamento rispetto ai due dischi precedenti: il cantante. Finisce l’era Soto e si apre la parentesi Mark Boals, che già dopo questo album verrà sostituito (anche se in seguito avrà altre esperienze con Malmsteen). Non certo per demerito però. Il cantante, infatti, da grande prova delle sue capacità vocali. Altro membro mancante è il bassista Yacob, infatti è Malmsteen stesso a suonare il basso. L’album è dedicato all'ex primo ministro svedese Olof Palme, assassinato quell’ anno.
L’album apre con uno dei brani più caratteristici di Yngwie: “You don’t remember, i’ll never forget”. Tastiera e chitarra si fondono nel riff iniziale, poi ecco Mark Boals inizia a farsi sentire. Il brano prosegue carico fino al bridge prima dell’assolo. Qui si ha una stupenda armonizzazione di chitarra, tastiera e voce, che quasi con delicatezza introducono uno straripante assolo del Maestro.
Si passa così a “Liar”, un pezzo travolgente che toglie il fiato. In questo brano, come del resto in tutto l’album, si può apprezzare come ci sia tanta chitarra e, allo stesso tempo, tanto spazio alla voce di Boals. Difficilmente in altri album di Malmsteen si ha una così ben riuscita compenetrazione tra voce e chitarra, senza che l’una domini sull’altra e viceversa. Questa, infatti, è la caratteristica principale di questo disco.
Un riff potente ed esaltante apre la terza canzone: “Queen in love”. Una canzone un po’ diversa dal solito, più vicina al metal tradizionale che allo stile tipico di Yngwie, che però si fa sentire soprattutto nell’assolo.
Alla quarta traccia si trova il primo brano strumentale del disco: “Crying”. Pezzo emozionante, che apre con arpeggi ed assoli di chitarra acustica per passare poi a toccanti assoli elettrici made by Fender Stratocaster. Incredibile, come al solito, la perfezione del suono, dei bending e dell’armonia ed atmosfera che Malmsteen riesce a creare in questi  5 minuti.
Il ritmo riparte forte con Fury, anche se forse, visto il titolo, la canzone tira meno di quanto ci si aspetterebbe. In questo pezzo risalta subito una particolarità: l’uso ripetuto del tapping da parte di Malmsteen. Tecnica che il Maestro usa a suo modo, da non confrontare assolutamente con tapping alla Van Halen & co. Si tratta di tutto un altro stile ed un altro modo di intendere l’uso del tapping.
La carica sale parecchio con “Fire”, dove chitarra e voce sono a dir poco irrompenti. Malmsteen si diletta in un lungo assolo in cui Malmsteen esalta le sue influenze barocche ereditate da J. S. Bach. Influenze che non lo abbandoneranno mai e che caratterizzano il suo stile.
I due pezzi successivi “Magic Mirror” e “Dark ages”  sono avvolti in un’aura più oscura, gotica. In particolare “Dark ages”. Mentre nel primo è maggiormente in risalto la voce di Boals, che da prova di un’estensione fenomenale, nl secondo pezzo la ritmica, lenta, cadenzata e cupa, lascia impressionati.
Dopo 8 pezzi che entrano di diritto nella storia della musica metal, Malmsteen non ha ancora detto l’ultima parola, anzi. “Trilogy suite op. 5” spazza via tutto il resto. Un’opera imponente, maestosa, divisa in tre movimenti, in cui il Maestro da tutto se stesso, sia tecnicamente, con assoli, riff e arpeggi alla velocità della luce, sia dal punto di vista armonico e compositivo creando dal nulla un brano di 7 minuti, di livello sovraumano. Si conclude così questo album, che rappresenta uno degli apici della carriera di Yngwie Malmsteen.

Line up:
Yngwie Malmsteen - Chitarra, Basso
Mark Boals - Voce
Jens Johansson - Tastiera
Anders Johansson - Batteria
  
Track List:
You don't remember i'll never forget     4.30
Liar                                                       4.09
Queen in love                                        4.04
Crying                                                   5.04
Fury                                                       3.56
Fire                                                        4.12
Magic mirror                                         3.53
Dark ages                                              3.54
Trilogy suite Op. 5                                7.16


Trilogy Album

lunedì 27 febbraio 2012

Recensione Marching Out 1985

 
Album: Marching out
Autore: Yngwie J. Malmsteen
Anno:1985
Genere: metal neoclassico
Etichetta: Polydor
Voto: 92/100






Secondo album di Malmsteen coi suoi Rising Force. Quasi da subito ci si rende conto delle differenze dal primo: un sound più tagliente e un carattere più aggressivo contraddistinguono l'album Marching out. 




Si apre con “Prelude”, preludio di un altra pietra miliare nel metal anni 80, che parte subito forte con “I'll see the light tonight”. Uno dei riff più conosciuti di Malmsteen e proposto spesso nei live.

Subito in secondo piano si ode il grande Soto. Dopo un album in cui si era fatto sentire poco, ora può dare (e da) il meglio di se. L'album infatti, contrariamente al primo, è prevalentemente cantato, solo due i pezzi strumentali (tre considerando anche Prelude).

Terzo pezzo: “Don't let it end”. Uno dei pezzi in cui la sopraccitata voce di Soto irrompe con maggior aggressività. Il pezzo parte con un bellissimo arpeggio di Malmsteen, pulito e calmo. Poi la batteria da la carica ed ecco che la distorsione della Strato si fa sentire di nuovo. Si hanno 4 minuti di energia pura.
Segue “Disciples of hell” con un intro di chitarra classica molto bello. Il pezzo prosegue con un altro riff piuttosto cattivo, sempre sulla carica emotiva dei precedenti.
Quinto pezzo, un classico dello svedese: “I am a viking”. Parte con un altro gran riff, più tecnico dei precedenti. Il pezzo è molto cadenzato. L'assolo tira molto. Particolare l'armonizzazione con cui si conclude il brano che rende perfettamente l'idea dell'ondeggiare del mare.

Segue un pezzo strumentale "Overture 1383". Questo brano contrariamente a quanto ci si possa aspettare non è una velocissima sequenza di note, ma è un pezzo relativamente tranquillo, in cui Malmsteen da molto rilievo al suo vibrato (caratteristica peculiare del Maestro e della sua chitarra con manico scalopped) piuttosto che alla sua velocità. Idem per l'ultimo pezzo, che da il nome all'album, anche questo strumentale. Entrambi molto belli e ricchi di emozione, non vuoti tecnicismi.

Si riparte a tutta forza con l'esplosiva “Anguish and fear”. In questo brano, oltre a Malmsteen, risalta dando un'ottima prova di sé il batterista Johansson. La carica continua con “On the run again”. Quest'ultimo è un pezzo che personalmente adoro. La performance dal vivo nel tour del 1985 è davvero esaltante, grazie ad una voce implacabile ed un riff da paura.
Continuando si ascoltano altri due pezzi molto belli, molto metallici, in cui la chitarra la fa da padrona:"Soldier without Faith" e "Caught in the Middle".

Così quest'album, nato dalla vena di un 22enne con una passione travolgente per il metal e la musica classica, giunge alla fine, regalando un altro capolavoro alla storia della musica heavy metal.


TRACKLIST
1. "Prelude"
2. "I'll See the Light, Tonight"
3. "Don't Let It End"
4. "Disciples of Hell"
5. "I Am a Viking"
6. "Overture 1383"
7. "Anguish and Fear"
8. "On the Run Again"
9. "Soldier without Faith"
10. "Caught in the Middle"
11. "Marching Out"

CREDITS
Yngwie J. Malmsteen: Chitarre, Background Vocals, Moog Guitar Pedals
Jens Johansson: Tastiere
Anders Johansson: Batteria
Marcel Jacob: Basso
Jeff Scott Soto: Voce


Marcingh Out Back