Artista:
Yngwie Malmsteen
Titolo: Trilogy
Genere: metal neoclassico
Anno di uscita: 1986
Genere: metal neoclassico
Anno di uscita: 1986
Etichetta:
Polydor
Voto: 95/100
Terzo album in tre anni e terzo capolavoro. Malmsteen sembra
essere inarrestabile agli inizi della sua carriera da solista. Nel 1986,
infatti, ci regala un disco che, a dir suo, è uno tra i migliori che abbia mai
composto e suonato. In quest’album c’è un primo grosso cambiamento rispetto ai
due dischi precedenti: il cantante. Finisce l’era Soto e si apre la parentesi
Mark Boals, che già dopo questo album verrà sostituito (anche se in seguito
avrà altre esperienze con Malmsteen). Non certo per demerito però. Il cantante,
infatti, da grande prova delle sue capacità vocali. Altro membro mancante è il
bassista Yacob, infatti è Malmsteen stesso a suonare il basso. L’album è
dedicato all'ex primo ministro svedese Olof Palme, assassinato quell’ anno.
L’album apre con uno dei brani più caratteristici di Yngwie:
“You don’t remember, i’ll never forget”. Tastiera e chitarra si fondono nel
riff iniziale, poi ecco Mark Boals inizia a farsi sentire. Il brano prosegue
carico fino al bridge prima dell’assolo. Qui si ha una stupenda armonizzazione
di chitarra, tastiera e voce, che quasi con delicatezza introducono uno
straripante assolo del Maestro.
Si passa così a “Liar”, un pezzo travolgente che toglie il
fiato. In questo brano, come del resto in tutto l’album, si può apprezzare come
ci sia tanta chitarra e, allo stesso tempo, tanto spazio alla voce di Boals.
Difficilmente in altri album di Malmsteen si ha una così ben riuscita
compenetrazione tra voce e chitarra, senza che l’una domini sull’altra e
viceversa. Questa, infatti, è la caratteristica principale di questo disco.
Un riff potente ed esaltante apre la terza canzone: “Queen
in love”. Una canzone un po’ diversa dal solito, più vicina al metal
tradizionale che allo stile tipico di Yngwie, che però si fa sentire
soprattutto nell’assolo.
Alla quarta traccia si trova il primo brano strumentale del
disco: “Crying”. Pezzo emozionante, che apre con arpeggi ed assoli di chitarra
acustica per passare poi a toccanti assoli elettrici made by Fender
Stratocaster. Incredibile, come al solito, la perfezione del suono, dei bending
e dell’armonia ed atmosfera che Malmsteen riesce a creare in questi 5 minuti.
Il ritmo riparte forte con Fury, anche se forse, visto il
titolo, la canzone tira meno di quanto ci si aspetterebbe. In questo pezzo
risalta subito una particolarità: l’uso ripetuto del tapping da parte di
Malmsteen. Tecnica che il Maestro usa a suo modo, da non confrontare assolutamente
con tapping alla Van Halen & co. Si tratta di tutto un altro stile ed un
altro modo di intendere l’uso del tapping.
La carica sale parecchio con “Fire”, dove chitarra e voce
sono a dir poco irrompenti. Malmsteen si diletta in un lungo assolo in cui
Malmsteen esalta le sue influenze barocche ereditate da J. S. Bach. Influenze
che non lo abbandoneranno mai e che caratterizzano il suo stile.
I due pezzi successivi “Magic Mirror” e “Dark ages” sono avvolti in un’aura più oscura, gotica. In
particolare “Dark ages”. Mentre nel primo è maggiormente in risalto la voce di
Boals, che da prova di un’estensione fenomenale, nl secondo pezzo la ritmica,
lenta, cadenzata e cupa, lascia impressionati.
Dopo 8 pezzi che entrano di diritto nella storia della
musica metal, Malmsteen non ha ancora detto l’ultima parola, anzi. “Trilogy
suite op. 5” spazza via tutto il resto. Un’opera imponente, maestosa, divisa in
tre movimenti, in cui il Maestro da tutto se stesso, sia tecnicamente, con
assoli, riff e arpeggi alla velocità della luce, sia dal punto di vista
armonico e compositivo creando dal nulla un brano di 7 minuti, di livello
sovraumano. Si conclude così questo album, che rappresenta uno degli apici
della carriera di Yngwie Malmsteen.
Line up:
Yngwie
Malmsteen - Chitarra, Basso
Mark Boals
- Voce
Jens
Johansson - Tastiera
Anders
Johansson - Batteria
Track
List:
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